Sintomi degli attacchi di panico
Sintomi degli attacchi di panico, quali?
Oggi, i sintomi degli attacchi di panico e la loro cura, sono clinicamente tra i più studiati. Forse lo sono tanto quanto l’isteria alla fine dell’ottocento, eppure, ho avuto spesso la conferma clinica che le dinamiche psicologiche sottostanti non sono poi così diverse.
I sintomi degli attacchi di panico sono un improvviso scatenamento di ansia intensa che sopraggiunge apparentemente senza alcuna prevedibilità e senza alcuna possibilità di controllo da parte del soggetto colpito. Si conoscono attacchi di panico notturni che si scatenano durante il sonno, apparentemente senza alcuna causa. Il soggetto è in preda ad un terremoto psichico e fisico i cui sintomi sono: ansia, palpitazioni, tachicardia, tremori, vertigini, sudorazione, diarrea, senso di soffocamento e timore di essene sopraffatto, morire. Poi, quando tutto questo passerà, lascerà dietro di sé un lungo e profondo senso di sfinimento.
Oggi sappiamo come i sintomi degli attacchi di panico funzionano e si scatenano da un punto di vista neurobiologico. Si è scoperto che vi sono due circuiti anatomici della paura, dell’ ansia: uno più primitivo che ha sede nella profondità del cervello, nella struttura del sistema limbico e scatena reazioni ormonali e neurovegetative che non sono direttamente connesse con la corteccia, quindi automatiche e irrazionali, e un circuito razionale della paura che va dalla corteccia al sistema più antico . Vi è poi un ulteriore circuito, circuito riflessivo corticale, caratterizzato dalla autoconsapevolezza di provare paura e ansia nel tentativo di dare una ragione a questa.
I comportamenti evitanti sono tra i sintomi degli attacchi di panico i più pericolosi
Tutti i pazienti che abbiano sofferto di sintomi degli attacchi di panico sono consapevoli che il problema più grande che dovranno affrontare dopo l’attacco è la memoria di quanto è accaduto. Il paziente tenderà ad avere comportamenti evitanti e tenderà a limitare lo spazio fisico e mentale per la paura, ansia di ripetere la drammatica esperienza degli attacchi di panico. I neuropsicologi riconoscono due tipi di memoria: dichiarativa ed emotiva o post traumatica. E’ proprio questa seconda o post traumatica che sembra depositarsi nel corpo e obbligarlo a risponde in maniera automatica e inconsapevole.
Curare solo i sintomi degli attacchi di panico?
Sono almeno tre le categorie di terapie o cure degli attacchi di panico. Le cure più a valle, quelle che controllano i sintomi, l’ansia, la paura e la risposta neurovegetativa, sono gli antidepressivi, i psicofarmaci, i tranquillanti e gli ansiolitici.
C’è poi un livello intermedio che agisce sulla memoria traumatica. E’ la psicoterapia cognitiva comportamentale, questa aiuta il paziente a costruire i nessi associativi e le immagini visive o mnestiche che formano il grumo catastrofico aiutandolo a elaborarlo e superarlo.
Vi è poi il livello che come psicoanalisti ci interessa ed è connesso con la personalità del paziente, alle sue esperienze infantili e difese psichiche . Lo psicoanalista crede che la complessa configurazione psicodinamica sia la vera causa del sintomo, anzi il sintomo rivela la configurazione, la strutturazione della psiche direbbe Jung. Per lo psicoanalista gli attacchi di panico sono un sintomo, un’occasione di individuazione secondo Jung, non certo la malattia.
Gli attacchi di panico si esprimono attraverso il corpo, sul corpo ma sono una patologia della psiche, dell’anima. Diceva Freud (1920) che gli attacchi di panico sono espressione di sofferenza del sé e ci raccontano che la membrana protettiva della mente si è lacerata.
Quindi, se la psicoterapia cognitivo comportamentale ha lo scopo di correggere la distorsione percettiva (Franco De Masi 2004) che genera paura e ansia, mediante strategie di decondizionamento, la terapia psicoanalitica considera gli attacchi di panico una conseguenza del disturbo dell’identità personale. Una grande occasione per cercare la propria strada verso l’individuazione.
Mi piacerebbe aggiungere questo: “Dove c’è panico, lì c’è anche Pan…” – dice J. Hillman.
Il dio della natura; dal piede caprino e fornito di corna, abitatore delle grotte e delle selve impervie dell’antica Grecia, sorprende uomini e animali di un sacro terrore che ne sconvolge le membra e ne ottenebra le menti. “Se Pan è il dio della natura ‘dentro di noi’ allora egli è il nostro istinto […] La figura di Pan rappresenta la coazione istintuale e nel contempo offre il mezzo mediante il quale la coazione può essere modificata attraverso l’immaginazione … Quando l’anima è presa dal panico, Pan si rivela con la saggezza della natura. Essere senza paura, privi di angosce, invulnerabili al panico, significherebbe perdita dell’istinto, perdita di connessione con Pan… Se dunque in questa lettura archetipica il dio-capro rappresenta l’ambivalenza dell’istinto e il suo potenziale destabilizzante per la mente umana, esso esprime anche quella saggezza del corpo che è in connessione col divino e che ne esprime le imperscrutabili geometrie.
Per Hillman l’angoscia è il modo di entrare in contatto con le forze achetipiche. Hillman considera l’angoscia «la via regia per smantellare le difese paranoiche, che sono tanto più forti quanto più ci si difende dal panico istintuale. L’angoscia allora non è più solo un meccanismo psicologico di difesa o una reazione inadeguata a una sensazione di pericolo, ma ciò che ci mette in contatto con «le regioni dell’esistenza elementare, con l’animalità inquietante che ci abita»
Jung: “Nella nostra epoca gli Dei sono diventati “malattie”; infatti abbiamo cacciato Pan dai boschi, ma non ci siamo sbarazzati della sua eredità terrificante che continua a vivere nella parola “panico” con tutti i suoi sintomi”.
Grazie.
Articolo interessante. Personalmente ritengo che l’attacco di panico sia un’avvertenza corporea di un disagio emotivo e/o cognitivo che sfugge alla consapevolezza del paziente.
soffro di attacchi di panico… paura di tutto specialmente di sera.non trovo soluzione.
Signor Ernesto,
c’è la risposta: terapia farmacologica specifica per almeno 4 mesi e contemporaneamente una psicoterapia.