Terapia degli attacchi di panico, quale? Anzitutto ascoltare.

Terapia degli attacchi di panico
Terapia degli attacchi di panico
Terapia degli attacchi di panico

 C’è un acceso dibattito sulla clinica e terapia degli attacchi di panico.  E’ il risultato di una reale ricerca teorica  o la difesa preconcetta di teorie?

Terapia degli attacchi di panico, quale?
Terapia degli attacchi di panico
Giulia, alla ricerca di una terapia degli attacchi di panico

Giulia una ragazza di 25 anni  cercava una terapia degli attacchi di panico. Si è rivolta a me per una psicoterapia circa un anno fa. Era già venuta circa tre anni prima, sempre per lo stesso motivo: ansia e attacchi di panico. Allora, la prima volta, avevamo fatto tre incontri poi, lei decise di sospendere dicendomi che avrebbe cercato qualche altra soluzione. In fondo disse, non sto così male, posso tentare di farcela. In effetti tentò, trovò un neurologo che gli diede degli antidepressivi e benzodiazepine.

Dopo tre anni.

Quando si ripresentò  dopo tre anni, gli chiesi come era andata e perché era tornata. Mi spiegò che le cure farmacologiche la sedavano, ma,  si sentiva un’altra e,  un po’ la intontivano, così le aveva interrotte dopo alcune settimane. Poi, per sei mesi aveva chiesto aiuto anche ad una psicologa che l’aveva aiutava ad affrontare le sue paure dandole delle prescrizioni quotidiane ma, lei disse: non funzionavano, non mi convincevano.

Gli risposi: Scusi ma non aveva funzionato neanche con me. Lei se ne era andata, perché mai dovrebbe funzionare ora?

Risposta: Perché ho bisogno, non ce la faccio più. Non riesco più a fare niente, non vado in metrò, non guido sulle autostrade, non entro nei negozi, non vado in nessun servizio pubblico, non vado in un bar da cinque anni, non salgo sull’ascensore, non vado oltre il secondo piano, non prendo l’aereo….

Cosa chiedeva Giulia?

Le chiesi: si, ma io come posso aiutarla?

Risposta:  non lo so, mi ascolti.

Io: si. La ascolterò.

Per circa tre mesi arrivava con puntualità nonostante abitasse un po’ lontano dallo studio e non sempre riuscisse a farsi accompagnare. Mi raccontava che partiva con la sua macchina da casa molto prima del nostro incontro per bypassare il traffico di Milano e non fare le tangenziali. Percepivo la fatica che faceva ma la sentivo determinata. Con me aveva ottenuto che poteva dimostrare di farcela da sola e poi venire a raccontarmelo.

I suoi racconti iniziavano sempre con: lo sa dottore che oggi sono riuscita a fare..

Il bisogno di una gratificazione

Capivo che dovevo ascoltarla e gratificarla, così come fa il genitore col figlio che si sperimenta e vuole sentirsi dire: bravo.

Vedo oggi, a casa mia, la mia nipotina quando dice al padre: lascia, faccio io e poi,  hai visto che ce l’ho fatta da sola? Così, era questo ciò che mi chiedeva Giulia, ma perché e, cosa aveva a che fare questo suo bisogno, con gli attacchi di panico? Non lo sapevo ma, ascoltavo.

Un giorno mi disse:  sa dottore, mi piacere tanto andare a casa del mio ragazzo per alcuni giorni, ma non posso. E’ un peccato, ha la casa libera ma, non ce  la faccio. Abita al terzo piano.

Scusi, le chiesi, ma lei a che piano abita?

Giulia: al terzo.

Io: beh! Non capisco.

E lei, stropicciandosi la faccia, quasi a nascondersi:  E’ che quelle scale mi fanno venire in mente, le scale di casa mia, quando di notte scappavo giù con mia sorella, mentre mio padre ubriaco dopo avere picchiato la mamma ci rincorreva. Una notte, non ce l’ho fatta e, lui mi ha raggiunto… Silenzio. Giulia piangeva e continuò: Io da allora ho sempre paura, quando non c’è una via di fuga. Non mi fido.

Io: si, capisco.

Lei si stringe le spalle, mi guardò e mi dice: posso farcela?

Io: certo, assieme.

La sorella.

Giulia mi raccontò come lei con la sorella programmasse tutto il giorno le vie di fuga quando il padre fosse tornato ubriaco e si fossero sentite in pericolo e come ancora adesso continui a fare la stessa cosa in ogni situazione quando è fuori casa. Con me misurava i suoi successi e come uno sportiva si programmava una meta: sempre un po’ di più.

Mi diceva: si, sento ancora un po’ di paura ma capisco che miglioro giorno dopo giorno. Ormai so che ce la posso fare. Lei mi aiuta vero? Lo sa che mi porto sempre le gocce in tasca. Non le uso quasi mai ma, mi danno sicurezza. Se mi sento troppo ansiosa, mi prendo cinque gocce sotto la lingua. Però, non lo faccio quasi più.

Cosa ho imparato da Giulia?

Credo che Giulia mi abbia insegnato molto. In fondo è lei che si è costruita la sua terapia. Ha rifiutato ogni approccio terapeutico settoriale e preconfezionato a cominciare dal mio, tre anni prima, quando forse le dissi: senta io faccio psicoanalisi. Il suo sintomo, gli attacchi di panico, lo considero solo la punta di un iceberg. Mi interessa quello che ci sta sotto. E lei, giustamente se ne era andata. Ma neanche il neurologo che pensava di risolvere tutto con la pastiglietta l’ha aiuta e così pure, la collega comportamentista che cercava di desensibilizzarla. Lei voleva altro. Voleva recuperare, sperimentare un rapporto con un padre che la capisse e gratificasse.

Mi si dirà che questo è contro la teoria e la tecnica della psicoanalisi? Si, è chi se ne importa? E’ ciò che serviva a Giulia. Mi si dirà che ha mantenuto uno stato nevrotico. Può darsi, e chi non ha le sue nevrosi funzionali?

La terapia degli attacchi di panico, quale?

Giulia mi ha insegnato soprattutto una cosa: gli attacchi di panico, questa sindrome dove psiche e corpo si uniscono ed esprimono un sintomo potentemente distruttivo,  hanno bisogno di risposte terapeutiche poliedriche. E’ assurdo parlare di terapia dinamica, comportamentale, farmacologica e difenderle come verità di fede. La terapia degli attacchi di panico  giusta è quella che aiuta quel paziente, in quel momento.

E non c’è modo di saperlo se non facendo quello che suggeriva Giulia: ascoltare.

La verità è che la terapia degli attacchi di panico giusta è: quella che serve al paziente. Non c’è un modello  preconfezionato che serve a tutti. La terapia degli attacchi di panico pone il terapeuta davanti alla suo reale compito professionale: da una parte la natura che si scatena nella mente del paziente con i suoi fantasmi,  dall’altra il terapeuta che  deve  capire, mai giudicare.

di  Renzo Zambello

http://www.psicoterapiadinamica.it/2012/03/attacchi-di-panico-difesa-dalla-frammentazione-psicologica/

Video: Attacchi di Panico e Psicoterapia

http://www.youtube.com/watch?v=NPv-QP8BTYQ&feature=share

Di Renzo Zambello il libro: “Ricordi e riflessioni di uno psicoanalista”. Edizioni Kimerik.

Ricordi e riflessioni di uno psicoanalista.
Contatti:

Lo studio del Dott. Renzo Zambello è in via Amico Canobio 7, CAP 28100 Novara.  Cellulare 3472282733,  Aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle ore 19 .

Dr. Zambello

www.zambellorenzo.it

Medico Psicoterapeuta Psicoanalista Junghiano di Novara

2 commenti su “Terapia degli attacchi di panico, quale? Anzitutto ascoltare.

  1. sn una ragazza di 23 anni e come Giulia soffro d’ansia cn panico perchè ho paura di morire che mi succeda qualcosa all improvviso nn vivo la mia vita al meglio o paura di tutto anche di mangiare e nn so cm fare cerco sempre di combattere ma poi mi viene la paura perche mi sento ad un certo punto i battiti cardiaci nn regolari e avvolte li sento molto bassi ed è in quel momento che vivo il terrore della morte … come dice lei dott. è vero forse servirebbe qualcuno che mi rassicurasse che mi farebbe capire che nn possso avere un infarto allla mia età o un arresto cardiaco causato da cosa ??? questa paura mi distrugge giorn0 x giorno nessuno capisce nessuno sa quando nn lo prova cn la propria pelle !

    1. Non è vero Maria che nessuno capisce. Tutti coloro che l’hanno provato la capiscono e, la possono capire i medici, o almeno coloro che si interessano di questi disagi. Non tema, chieda aiuto ad uno/a psicoterapeuta ma, anche al suo medico di famiglia. Vedrà che è possibile uscirne.

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